Protagonisti a teatro per interpretare Le Troiane di Euripide
Protagonisti a Teatro Giovedì 25 maggio all'Auditorium Concordia di Pordenone per interpretare Le Troiane di Euripide
La trama
Le Troiane (o Troadi) di Euripide fu composta nel 415 a.C., durante la guerra del Peloponneso. Faceva parte di una trilogia ambientata durante la guerra di Troia, assieme a due tragedie, Alessandro e Palamede, di cui rimangono solo frammenti. Alla trilogia seguiva il dramma satiresco Sisifo. Euripide riportò in quell’occasione il secondo premio.
Le donne di Troia, fatte prigioniere dai Greci dopo la caduta della città, attendono di conoscere a quale Acheo la sorte le abbia destinate come schiave. Giunge Taltibio – araldo di Agamennone – e comunica a Ecuba di essere stata assegnata ad Odisseo, mentre Cassandra è stata prescelta da Agamennone e Andromaca da Neottolemo.
Cassandra compare dinanzi ad Agamennone invasata da Apollo e predice la sua stessa sorte che costerà la vita ad Agamennone su cui, in tal modo, sarà vendicata la caduta di Troia.
Intanto i Greci, per consiglio di Odisseo, hanno deciso di uccidere il piccolo Astianatte, il figlio che Andromaca ha avuto da Ettore, per evitare che un giorno il bambino possa vendicare la morte del padre. Astianatte viene strappato via dalle braccia della madre, tra il pianto dirotto di Ecuba, di Andromaca e del coro.
Giunge sulla scena Menelao desideroso di punire Elena. La lunga accusa di Ecuba, che ritiene Elena colpevole dello scoppio della guerra perché fuggita con Paride, attratta dal lusso e dall’adulterio, viene rintuzzata da un’altrettanto lunga e abile autodifesa di Elena, che ricorda il giudizio di Paride e l’intervento di Afrodite, al termine della quale Menelao stabilisce di rimandare ogni decisione al loro rientro in Argo.
Riappare Taltibio, che guida alcuni soldati recanti sullo scudo di Ettore il corpo esanime di Astianatte. Mentre si scioglie il pietoso e commovente lamento funebre di Ecuba sul piccolo cadavere, l’araldo guida le donne verso le navi.
Sullo sfondo rimane l’incendio che i Greci hanno appiccato a Troia per distruggere interamente la città.
Note di regia
Un testo difficile, duro e talvolta insopportabile da sostenere emotivamente. Detto così, ci si può chiedere perché far rappresentare a dei diciasettenni alla loro prima esperienza su un palcoscenico, un testo così complesso e di grande difficoltà interpretativa.
La risposta in realtà è semplice: perché Le Troiane, anche se scritto 2.500 anni fa, purtroppo profuma ancora di straordinaria attualità; perché di guerre terribili ce ne sono ancora troppe nel mondo; perché (e ancora purtroppo) di vittime di guerra civili, come le donne, i vecchi e i fanciulli raccontati da Euripide, ne è ancora piena la terra che abitiamo.
Le donne del coro che il grande tragediografo narra, sono in balia del nemico e risulta quasi inevitabile paragonarle alle fanciulle rapite solo due anni fa da Boko Haram indifese, impossibilitate a reagire, sottomesse alla volontà devastatrice di un padrone che può sfruttarle (in tutti i sensi, anche quelli più terribili), a proprio piacimento.
Perché la regina Ecuba, nella nostra mente, si associa inesorabilmente a una donna di Aleppo, o di Damasco: quante foto abbiamo visto di lei in questi ultimi anni, magari con un nipotino morto tra le braccia? La grande figura di “mater dolorosa” che Euripide disegna, resta per sempre indelebile nelle nostre menti e nei nostri cuori.
E Andromaca, silenziata dal potere dei vincitori, impossibilitata perfino a lanciare una maledizione contro chi le strapperà l’unico figlio per ucciderlo barbaramente gettandolo dalle mura della città appena conquistata, ci dà la misura dell’inesorabile e profonda ingiustizia di tutte le guerre e della sciagura di essere nata donna, che in molte parti del globo, viene ancora vissuta da tante nostre “sorelle”.
E l’indimenticabile figura di Cassandra, l’unica che si avvia alla nave nemica convinta di conquistare così libertà e vendetta, in quella lontana terra straniera dove la porteranno. Nonostante la chiara veggenza di una morte atroce che l’attenderà in Argo e nonostante lo sgomento delle donne e di sua madre nel vederla come una pazza danzare e cantare l’Imeneo per le future nozze con Agamennone, il supremo nemico, ella ci restituisce il senso ultimo di una forza tutta femminile a non piegarsi alla volontà dei vincitori.
Elena, la greca, la causa primaria della guerra, si districa abilmente dalle accuse di adulterio addotte dal marito Menelao e da Ecuba, come un esperto principe del foro, e ci dimostra che una donna può essere capace di tutto, anche di mentire con tutte le arti della femminilità e dell’intelligenza per aver salva la vita.
Anche da parte dei crudeli vincitori però, c’è un barlume di coscienza, rappresentata dal greco Taltibio, ambasciatore di funeste notizie, che alla fine troverà insopportabilmente ingiusta la decisione da parte dei signori della guerra di uccidere un tenero fanciullo indifeso. La sua figura, alfine, ci ridà un piccolo, seppur breve, lume di speranza in una ritrovata umanità, che anche noi, in fondo, avremmo il dovere di riconquistare.
Carla Manzon
Inizio alle ore 20.45, ingresso libero